Trasparenze di mare

Favignana è un dono d’inestimabile bellezza

di Federica Soprani

Favignana. Pietra calcarea incastonata nello scrigno di due mari che qui rimescolano le loro acque di smeraldo e lapislazzulo. Pietra bianca, che nel fulgore dell’estate diventa abbacinante, ardente di sole, sfolgorante di sale che secoli di mareggiate hanno cristallizzato sugli scogli. Solo il grigio vibrante della posidonia, che ammanta le coste diseguali come il vello di una bestia mitologica, dissimula quel chiarore, e il verde chiaro dei ligustri, del lentisco, quello più cupo dei pini marittimi. Aloe e altre piante grasse gonfiano al sole i loro fiori carnosi, contorcendosi in evoluzioni acrobatiche per abbarbicarsi a questa terra dura, scabrosa, schiacciata tra mare e cielo come un dono degli dei, o una loro distrazione. Ma se poi ti immergi nelle onde che circondano l’isola, mordendone ogni lato, strappando secolo dopo secoli brandelli di roccia, ti si rivelerà un paesaggio completamente diverso. Nessuna distrazione, nessun capriccio divino. Favignana è un dono d’inestimabile bellezza, e basta tuffarsi nelle sue acque cristalline per sentirsi parte del suo mistero, del suo miracolo. Prima ti attira coi suoi colori, il tesoro disciolto di un pirata, zaffiro, acquamarina, calcedonia, turchese, tormalina, crisoprasio, screziati dal candore immacolato della sabbia. Acqua limpida, trasparente, che rivela fondali rocciosi, brulicanti di una vita instancabile, di vegetazione talassica che compensa, nella sua abbondanza, quella spoglia e riarsa della terraferma.

sciami di pesci, timidi alcuni, più arditi altri, affatto disturbati dagli umani curiosi che invadono il loro mondo

Rose e margherite di mare fioriscono sulle rocce sommerse, fiori incantevoli e fragili cullati dalle correnti tiepide, baciati dai raggi del sole attraverso l’acqua cristallina. Se ti immergi e apri gli occhi ti ritroverai a volare su praterie di posidonia e cystoseira che ondeggiano in un moto perpetuo, cymodocea nodosa con foglie simili a nastri di sirena che fluttuano leggiadri, ventagli di padina pavonia che si aprono e si chiudono assecondando il moto ondoso. In questa flora rigogliosa nuotano sciami di pesci, timidi alcuni, più arditi altri, affatto disturbati dagli umani curiosi che invadono il loro mondo. Anzi, alcuni saranno così sfacciati da avvicinarsi e magari mordicchiare gli invasori con minuscoli baci formicolanti. Puoi seguire i loro percorsi ondivaghi, la scia delle loro code argentee, unirti ai nugoli di pesci azzurri che, a volte, t’investono come un baleno splendente, invitandoti a nuotare con loro. Nuotare. Nuotare e volare, in quest’acqua salata che ti sostiene, le braccia come ali spalancate, mentre ti lasci cullare da correnti amiche, senza peso, senza memoria, come se anche tu non fossi che un fiore marino, un cristallo di sale, un frammento iridescente e prezioso di questo mondo variegato e unico. La bellezza di questo mare è nel suo essere, allo stesso tempo, selvaggio e accogliente. La sua bellezza incorrotta, il suo incanto vergine, non lo rende minaccioso per chi vi si immerge. Anzi, è in qualche modo ospitale, quasi accudente, ti avvolge e ti conforta e ti fa sentire parte della sua bellezza, dell’eterno perpetrarsi del suo miracolo.

Lascia che il mare ti sostenga nel suo possente abbraccio, mentre il sole ti riscalda rendendo la tua pelle splendente come quella dei pesci che ti sfiorano con la loro danza. Consenti all’acqua limpida di entrarti dentro, lavando via affanni e cattivi pensieri, togliendo peso e importanza a ciò che, fino a ieri, sembrava inaffrontabile, insostenibile. Rimani così, tra cielo e terra, come una distrazione, un capriccio divino, ma quanto sanno essere dolci i capricci degli dei, in luoghi come questo!

 

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