Nostra Signora dell'Isola

Storie della Madonna del Mare a Favignana

di Antonella Berni

 

Sono la Madonna del mare, vivo ai quattro angoli dell’isola. Qui l’acqua alleva il tonno e lo solleva verso la morte, la sua vita eterna. Gli isolani il mare non lo vedono, come il cacciatore non vede più le foglie sull’albero. Una cosa smette di esistere se c’è sempre stata.

Neanche i pescatori sanno nuotare perché l’acqua bagna l’isola come il sole la secca e la luna la illumina. Serve per portare il pesce o far galleggiare le barche. Loro non riconoscono i riflessi turchesi che i forestieri fotografano con le agavi asciutte e il tufo consumato, perché parlano lingue diverse.

Gli isolani il mare non lo vedono, come il cacciatore non vede più le foglie sull’albero. Una cosa smette di esistere se c’è sempre stata.

Sono la Madonna della terra arida, dove il topo bianco fugge e la serpe dai denti aguzzi striscia. L’aroma del finocchio selvatico tormenta le donne. La notte tutto è bello perché le luci rischiarano poco la Natura sfinita, anche il tufo sembra lucido come il marmo delle residenze dei re.

La polvere per terra porta ancora il sudore degli uomini che spingevano la pietra friabile verso le navi, trasportata e adattata in un ambiente nuovo, in città con un blu diverso nel cielo visto da dietro le finestre di cristallo, in case dove niente è lì per caso e tutto trova il posto giusto.

Sono la Madonna della tonnara, ho vegliato sulle donne che hanno fatto 9 figli e 9 ne hanno persi, sui bambini fetusi lasciati in mezzo agli altri nel piccolo asilo, e anche sul figlio sbagliato del ricco forestiero che aveva cancellato la reputazione di famiglia.

Ho vegliato sulle possedute che latravano di amore e morte dal corpo di altre meschine, e solo il prete poteva aggiustarle; su quelle che vedevano i patruneddri perché avevano il sangue leggero e tenevano la foto delle Dolomiti sul divano; pure su quelle con la stufa da cucina nel cortile, riparata da un ombrello grande, aperto su sughi e fritti cucinati per ingrassare la famiglia e tenerla vicina.

Sono la Madonna del lavoro, accompagno per mare gli uomini senza bussola che portano i turisti a fare il bagno, e rispondono male alle domande, perché si sentono minacciati da quello che non conoscono.

Guido i confusi che si sono trovati su un nuovo cammino, dalla sera alla mattina, e servono falsi gamberi rossi di Mazzara per tirare avanti, e guido quelli che lasciano una ferramenta a cielo aperto vicino al cimitero, dove le verdi piante di capperi infestano le rocce sporche.

Sono la Madonna della chiesa nascosta, il passante mi spia da dietro le sbarre e riposa sulla panca di pietra, maledicendo il rumore della centrale elettrica.

Anche da qui devo illuminare il buio per mostrare che una disgrazia nasconde una possibilità, e quando chiude uno stabilimento c’è ancora la speranza di stare e di fare le cose.

Perché non c’è cosa peggiore per gli uomini di vivere senza un perché.

 

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