Memoria di tonnara

Dal calcio al mare. Emilio, Favignana e la forza della tradizione

di Sergio Busà

"La mattanza era una festa, da sempre. Era come un rito sacro, scandito dalle cialome e dalle preghiere, ma anche da una forza che ci univa tutti". Gli occhi di Emilio si inumidiscono al fluire dei ricordi di una vita. Le sue mani sono ancora energiche, anche se non possenti. Mani che hanno stretto funi, arpioni e altre mani, quelle dei suoi compagni tonnaroti.

Mostra le sue foto con orgoglio e una punta di nostalgia, ricordando quando, a venticinque anni, decise di lasciare il calcio professionistico per abbracciare quella che sarebbe diventata la sua grande passione. "Giocavo in Eccellenza, nella Polisportiva Paceco, ma durante gli allenamenti sentivo che volevo essere altrove. Volevo vivere con passione, accanto a chi ha fatto del mare la propria ragione di vita e lo ha amato come si fa con una donna bellissima, donandole tutto. Così sono cresciuto come uomo e come marinaio".

Il rais si interessava di ogni aspetto della mattanza. Sapeva come e quando prendere una decisione.

Emilio ha deciso di immergersi nell'intensa vita della tonnara: "Ogni mattina mi svegliavo con entusiasmo e non vedevo l'ora di cominciare a lavorare. Era il 1985 e da quel momento, per ben dodici anni, ho avuto l'onore di conoscere gente unica, che aveva grandi valori da trasmettere e incredibili storie da raccontare. C'era un profondo rispetto verso il mare che ci nutriva e verso i compagni, insieme ai quali coltivavamo un raro senso di solidarietà, tanto da aiutarci a vicenda nei momenti di difficoltà economiche e familiari".

La sua mano mostra la foto di un momento critico della mattanza: "Vedi il nostro movimento? Ognuno di noi tonnaroti doveva mettere la stessa forza nel tirare gli arpioni, altrimenti non avremmo potuto sollevare il tonno. I tonni si ribellano davanti alla morte e, se possono, ti stendono con le loro pinne. Una volta ne prendemmo uno di ben 540 kg: pensa, se ci avesse colpito, con quale forza lo avrebbe fatto. In questi casi, come in ogni aspetto della mattanza, il rais era la nostra guida, coordinava i nostri movimenti insieme al suo vice".

Il rais è Gioacchino Cataldo, un uomo che appare in diverse foto che ritraggono i momenti più energici della mattanza, esposte nelle vie principali di Favignana. Emilio ne parla come un luogotenente che loda il suo generale, con lo stesso moto di emozionata gratitudine. "Il rais si interessava di ogni aspetto della mattanza. É un uomo con una grande preparazione e una grande cultura, più rispettato di qualunque sindaco; sapeva sempre come sarebbe stato il tempo l'indomani, sapeva sempre capire quando le correnti marine gli sarebbero state favorevoli, sapeva come e quando prendere una decisione".

Nel 2017, dopo dieci anni, tornerà la mattanza. La tradizione è la vera novità su cui puntare.

Tre erano le fasi della mattanza. "La prima è la preparazione delle reti, che avviene tra febbraio e marzo. In questa fase si assemblano le reti da gettare in acqua nella fase successiva, quella della calata, che normalmente si predispone in un periodo tra i primi di maggio e i primi di giugno. Durante il mese di giugno si fa la mattanza vera e propria, fino ai primi giorni di luglio; in quei giorni i tonni arrivano a Favignana, dopo il loro passaggio dagli oceani e dai grandi mari del Nord. Una volta ne pescammo uno con un'etichetta in cui era scritta la provenienza: California! L'ultima fase è quella del salpato: bisogna tenere perfettamente pulito il mare, recuperando ancore, cime, boe e altri strumenti entro al massimo un mese".

Durante l'autunno e l'inverno, i tonnaroti tornano alle proprie attività. Chi continua a fare il pescatore, chi fa altri lavori. "Si tratta di un contratto stagionale, anche se è sempre stata una tradizione che si tramanda di padre in figlio. Io questi valori li ho trasmessi ai miei figli, ma dopo di me chi ci sarà?"

Emilio cammina per le vie di Favignana. I suoi occhi che scrutano il mare forse celano una speranza. Lungo il corso che attraversa il paese, incontra il rais. Gioacchino ha mani immense, una pelle quasi squamosa consunta dal sale e dal sole. Un collo taurino, spalle muscolose e un torace importante, lo stesso delle sue vecchie foto. Ha una voce vellutata e caveronosa, gesti lenti e modi gentili, lo sguardo illumninato da chissà quale intuizione, da chissà quale faro. Abbraccia Emilio, "il mio braccio destro", così lo definisce. Dal 2007 non si fa una mattanza; la prossima sarà nel 2017. La tradizione è la vera novità su cui puntare.

 

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